COSE BELLE E UTILI DELLA FORMAZIONE A DISTANZA, TIPO LE MUCCHE

22 Apr 2021 | Riflessioni sul lavoro, Senza categoria | 0 commenti

Dopo un anno esatto dalla mia scelta di lasciare la ricerca e selezione mi ritrovo a fare un piccolo bilancio.
Non tanto per capire se ne è valsa la pena, io so che ne è valsa la pena.

No, quello che mi piace osservare, guardandomi indietro, è quanto ho imparato in un anno di FAD rispetto a tantissimi anni di formazione in presenza.

Aspetti che ho imparato insegnando, creando contenuti e acquistando molta formazione per me stessa. 
Ma anche mettendo in discussione modelli su cui mi ero irrigidita e un po’ arenata.

E sì, mi manca da morire l’aula ma prendiamo quel che di buono c’è, ad esempio che…

È CAMBIATO IL MIO MINDSET ED È ARRIVATO JAMBOARD

Parto dal dire che questa pandemia ha cambiato il mio modo di affrontare ciò che mi succede (pure il tuo, vero?) e di conseguenza è mutato il mio atteggiamento anche verso la formazione.

Sono sempre stata dell’idea che qualsiasi intervento formativo debba produrre cambiamento, non (solo) appagamento.
Eppure non sempre ho sentito di essere efficace in questo.

Che cosa è scattato ad un certo punto?

Ho partecipato a un mini master in storytelling e scrittura business alla Holden (il primo corso alla Holden non si scorda mai, sappilo) e sono rimasta colpita dal modo di insegnare di Silvia Schiavo.

Silvia non ha proiettato nemmeno mezza slide.

Ci ha fatto vedere due o tre video, ha usato la lavagna a fogli mobili, bellissime matite colorate avvolte in un astuccio in pelle e più di ogni altra cosa ci ha fatto lavorare, per quasi tre giorni, su un progetto personale.

Sono uscita dal suo corso esausta e arricchita come poche altre volte.
E con un pensiero fisso in testa: riuscire a gestire la formazione senza l’utilizzo delle slide.

Oggi, se fai un corso con me lavori, a volte anche a casa, tra un appuntamento e l’altro, le slide ci sono ma vengono spesso interrotte da momenti di confronto e di scambio reciproco che valgono più di tanti pipponi.

A questo proposito scoprire Jamboard (dopo aver testato Miro e Mural) è stato un passaggio fondamentale per il quale ringrazio Rosario Carnovale.
Lo conosci? è semplice, essenziale, immediato e funzionale. E poi fa parte della suite Google, ennesimo plus.

E con Jamboard sto imparando a gestire anche…

IL MOMENTO DELL’INCLUSIONE

A insegnarmi il valore dell’inclusione, ovvero di un momento iniziale di condivisione autentica ed empatica sono stati il Master di Business Coaching Umanistico che sto seguendo con AICIS e, di nuovo, Rosario Carnovale, di Smartworking srl.
Sì, sto seguendo anche il Master in Smart Working Management che conducono Rosario e Federico Bianchi.

L’inclusione è diversa dai classici esercizi rompighiaccio, l’inclusione serve a creare uno spirito di condivisione in aula, anche in quella fatta da persone che non si conoscono o che non lavorano insieme; serve a inserire in modo esplicito la realtà di ciascuno nel corso, come arricchimento, non come fonte di distrazione.

Nel post che vedi qui sotto spiego meglio cosa intendo e puoi vederne un’applicazione pratica.

UN PEZZETTO DI ME, TANTI PEZZETTI DI TE

Sono sempre stata restia a parlare di me e della mia vita nei corsi che gestisco, ho sempre pensato che le persone non fossero interessate alle mie scelte e ai miei cambiamenti.

In realtà sto sperimentando che offrire un pezzetto di sé, quando autentico e raccontato nel modo giusto, aiuta a creare immedesimazione e soprattutto porta le altre persone ad aprirsi, a interagire, a condividere pezzetti di loro che poi risultano di grande valore per gestire dubbi, obiezioni, resistenze, curiosità…

La FAD mi ha insegnato anche la fiducia, in me e in chi partecipa, una sorta di responsabilità condivisa e di percorso che si costruisce insieme. 
In questo modo il risultato finale supera le aspettative e gratifica ogni partecipante che sente di aver ricevuto ma anche di aver dato.

E infatti adesso ti parlo di…

LA MAIEUTICA E LE DOMANDE

“La risposta è dentro di te” diceva qualcuno di simpatico.
E spesso è pure corretta..

Sto sperimentando, attraverso lo spazio che riservo al confronto e alla condivisione, che le persone hanno già dentro tutto ciò che serve loro per inquadrare i concetti principali.

Fare domande è il modo più semplice (non sempre facile), piacevole ed efficace perché alcuni concetti mettano le radici nelle persone con cui lavoro. 

Proprio perché non sono io che pianto un albero, io “mi limito” a dare acqua ai semi.
E solo così la formazione diventa capacità di ragionare con la propria testa (con il cuore e con la pancia), di unire i puntini e di scovare le connessioni.
Insieme agli altri.

Che poi…

È UN MOMENTO DURO E PASSARLO INSIEME AIUTA

Oggi la formazione non è più solo un momento per acquisire competenze bensì un momento di socialità e di “pausa”
La pandemia e il lavoro da casa infatti hanno moltiplicato i task e accelerato i tempi… siamo stanchi, in perenne rincorsa e a tratti increduli.

E siamo più soli, nonostante le video call abbiano sostituito anche quelle che potrebbero essere normalissime telefonate.

La formazione quindi è diventata un momento di ristoro, un po’ come quelli che trovi nelle gare di corsa in montagna (ma pure nelle marce), che quando scorgi il banchetto con il té caldo, gli spicchi di limone e di arancia, le barrette e i sali riesci addirittura ad accelerare.

Ecco, oggi la formazione è un meraviglioso ristoro dove si lavora e si apprende ma dove si socializza, si condivide e si smette per un attimo di correre.
E qui si inserisce il valore dell’aula: qualcosa che ho sempre amato come partecipante e che cerco di creare ogni volta come docente.

È successo al corso di Scrittura Legale e Legal Design della Holden, guidato da Federico Fontana: ancora oggi, dopo mesi, ci sentiamo regolarmente su telegram per mantenere viva la condivisione e il confronto. A volte anche il conforto.

È successo con IN&OUT, il corso di 5 incontri che abbiamo organizzato io ed Emanuele Fortunati, dedicato alle persone che vogliono rivedere il proprio percorso professionale partendo dai valori e arrivando alla comunicazione sul mercato del lavoro: perfetti sconosciuti, accomunati solo dal desiderio di crescere che sono riusciti a creare una bellissima sinergia e ad essere reciprocamente di supporto l’uno all’altro.

E per finire…

LE ALTRE COSE CHE HO IMPARATO: ELENCO VELOCE

La FAD infine mi ha insegnato che:

  • devo bere molto durante le lezioni
  • teams fa partire la ventola del Mac come se dovesse alzarsi in volo
  • al computer uso la voce in modo diverso e forse è opportuno che ci dedichi attenzione con qualcuno di bravo, come si suol dire
  • l’ascolto non perde un grammo di importanza, anzi, se possibile acquista sempre più peso e multisensorialità
  • far fare gli esercizi per iscritto (su Jamboard o su carta) è potentissimo (questo lo sapevo già e funziona anche a distanza)
  • misurare e tenere i tempi è fondamentale (qui devo migliorare)
  • togliersi dai panni di chi sa per mettersi quelli di chi facilita, stimola e coinvolge è decisamente più bello e gratificante
  • le videocamere accese fanno sentire la docente meno sola… pensaci sempre prima di spegnere la tua
  • è tutto un work in progress… sperimentare è la regola, flessibilità la parola d’ordine
  • guardare il puntino verde della telecamera per più di 20 minuti consecutivi è alienante
  • la comunicazione non verbale è presente anche nella FAD, è diversa ma c’è e come sempre dice molto
  • per quanto stanca io possa essere e per quanto sia difficile fare formazione a distanza ultimamente arrivo alla fine di ogni lezione magicamente carica e felice, ma questo non è merito mio
  • le mucche! 

Cosa c’entrano le mucche?

C’entrano, perché dopo 4 ore di FAD l’unica cosa obbligatoria è uscire di casa e staccarsi dallo schermo, respirare, ossigenare neuroni e mescolare i pensieri.
E io, dopo che saluto persone da Milano, Roma, Torino ecc… esco e mi ritrovo a Zugliano, giro l’angolo e incontro loro, e in quel momento mi pare di avere davvero tanto nonostante tutto.

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