Se lo fate diverso è meglio: quello che non piace ai recruiters

20 Giu 2016 | Colloquio di Lavoro | 11 commenti

Andiamo oltre.

Andiamo oltre il ritardo non annunciato, l’anticipo che ti coglie impreparato o che addirittura toglie privacy al candidato precedente, l’atteggiamento poco collaborativo di fronte alle domande difficili, il CV mandato in word, il CV sformattato, la ritrosia ad aprirsi, le mail non risposte ecc…
Oggi andiamo oltre.
Perché se ci sono alcune cose poco simpatiche che i candidati (e candidate) fanno in fase di selezione, ce ne sono altre ancora che si trasformano in un muro scoraggiante anche per il più comprensivo e tenace dei selezionatori.

SONO VENUTO/A A COLLOQUIO SOLO PER VEDERE COSA C’È IN GIRO, IN REALTA’ STO BENE DOVE STO

No, non si fa. Il tempo dei recruiters, come quello di tutti, è prezioso. Se rispondete a un’inserzione senza alcun’altra specifica, noi diamo per scontato che quella posizione vi interessi e vi chiamiamo per parlare proprio di quello. Se la vostra è curiosità ditelo: non significa che non fisseremo un colloquio, significa però che non avrà la stessa priorità di quello mirato alla nostra ricerca.
Perché voi lo sapete vero, che noi siamo retribuiti solo quando una selezione si chiude?! Questo ci costringe a mirare bene. Non possiamo permetterci di conoscere persone solo per la curiosità (o il piacere) di conoscere persone (anche se in alcune situazioni lo facciamo).

NON MI HANNO MAI CAPITO, NON HO MAI POTUTO DIMOSTRARE QUANTO VALGO

È un’affermazione che sentiamo spesso. Non è fastidiosa di per sé ma ci fa drizzare le antenne, soprattutto se una persona ha avuto numerose esperienze lavorative (diciamo oltre le 5): se per 5 volte non ti hanno capito e non ti hanno permesso di esprimerti forse il problema non è l’azienda. Forse è il caso di trovare un modo diverso per spiegare questa inquietudine lavorativa e capire se c’è una strada diversa e più adeguata da percorrere.

NON CAMBIO PER I SOLDI MA RIMANGO NELLA MIA AZIENDA PERCHÈ MI HA FATTO UNA CONTROFFERTA ECONOMICA INTERESSANTE

Su questo punto sono sicura si aprirà una discussione infinita.
Posto che siete liberi di fare quello che volete (durante la selezione, durante la trattativa, dopo che avete firmato, durante il periodo di prova, dopo il periodo di prova… in ogni momento il candidato è libero di cambiare idea, alla faccia delle aziende), per noi non è un problema il fatto che voi vogliate cambiare lavoro per prendere più soldi, anzi.
Il problema nasce quando adducete motivi differenti sui quali noi lastrichiamo il vostro percorso nella selezione e poi ci troviamo spiazzati di fronte a una controfferta o a un rifiuto perché “mi aspettavo di più”. I miei consigli sinceri sono due: 1) siate trasparenti, prima di tutto con voi stessi e poi anche con noi 2) fate due conti, sbilanciatevi e diteci il più chiaramente possibile quali sono le vostre aspettative. Vi sembrerà strano ma noi abbiamo tutto l’interesse a fare in modo che vengano accolte oppure siamo in grado di dirvi subito se un’azienda non è nelle condizioni di soddisfarle, e perdiamo meno tempo tutti.

COME C’È SCRITTO SUL MIO CURRICULUM, MA L’HA LETTO IL MIO CURRICULUM? L’HO SCRITTO ANCHE SUL MIO CURRICULUM

Sì, vi confermo ufficialmente che se venite contattati per un colloquio significa che, bene o male, il vostro CV è stato letto. Il colloquio è proprio la fase 2 della selezione, quella che va in profondità (= oltre il CV). Ma se la fase 2 ribadisce esclusivamente i contenuti della fase 1, senza neanche la fatica di ripeterli, allora abbiamo sbagliato noi recruiters. E resta il fatto che se anche il CV fosse stato letto poco o male avete l’opportunità di giocarvi un colloquio: fatelo perdindirindina!

NO NIENTE…, NO IO…, NO INSOMMA…

Questa è un’abitudine di natura introversa che porta qualcuno di voi a sminuirsi ancora prima di iniziare a parlare. E c’è sempre sto NO che precede ogni affermazione. No cosa? Cancellate questo modo di iniziare le frasi, eliminate questo intercalare controproducente dal vostro vocabolario. Insieme a “No, niente, sono una persona normale!”

NON POSSO VENIRE A COLLOQUIO QUEL TAL GIORNO A QUELL’ORA PERCHÈ LAVORO A TEMPO PIENO, IO! (è la mia preferita)

Certo, noi invece passiamo la giornata a trastullarci ed è per questo che vi proponiamo un colloquio durante la giornata lavorativa. Ma guarda un po’ che cialtroni che siamo.
Anche in questo caso il come conta più del cosa.
Posto che non possiamo incontrare tutti fuori dell’orario di lavoro, la disponibilità a trovare delle soluzioni c’è per chi sa approcciarsi in modo collaborativo e aperto. Ma se l’insinuazione è quella della frase qui sopra (e vi assicuro che in moltissimi rispondete in questo modo anche usando altre parole) allora anche da parte nostra scatta l’irrigidimento. Il compromesso è frutto di una disponibilità reciproca.

Anche questo post è tratto da episodi (ripetuti) di vita vissuta, non è una polemica ma l’osservazione, congenita al mestiere, di comportamenti umani che sono facili da correggere quando riesci a vederli. Per me è naturale coglierli, per voi candidati/e magari un po’ meno. Spero possa esservi utile 🙂

11 Commenti

  1. Elisabetta Gavasso

    L’ultima è la migliore, era la mia preferita… Certo, tu lavori, io invece mi gratto fino alle 19, poi ricevo i candidati che lavorano… 🙂

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    • robertazantedeschi

      Esatto. Proprio quella cosa lì. Comprensibile ma se viene posta in modo diverso forse ha maggiori possibilità di venire accolta. E comunque resta il fatto che quando fissiamo un appuntamento dal dottore alziamo molti meno problemi. Ciao Elisabetta 🙂

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  2. Lorenza

    Ottimi consigli, grazie. Se posso permettermi, però, ci sono cose che anche a chi sta dall’altra parte non piacciono. Anche questi sono pezzi di vita vissuta:
    1. “E’ solo un colloquio conoscitivo, non ho alcuna posizione aperta per un profilo come il suo, ma visto che ha mandato il CV per la selezione XY e il suo profilo è interessante, l’ho chiamata lo stesso per il colloquio” : anche il mio tempo è prezioso, se pensi che non sia adatta per quel ruolo, va bene, ma dimmelo. A quel punto comincia a leggere il CV, casomai mi chiami se hai sul serio qualcosa in mano (o chiedimi se sono disposta a investire il mio tempo in questa conoscenza, potrei stupirti)
    2. Recruiter che ti cercano (loro ti cercano, tu neanche ti sognavi di chiamarli), ti fanno colloqui di persona o telefonici, a volte anche molto lunghi, e poi spariscono, puf, nel nulla, senza darti un feedback. I migliori sono quelli che ti ricercano – dopo mesi o anni – per proporti un’altra selezione perchè: “si ricorda? ci eravamo già incontrati e il suo profilo mi era piaciuto molto” (gasp) – anzi a quel punto ti danno anche del tu, come se fossimo andati all’asilo insieme
    3. a proposito del CV non letto: io capisco che una persona possa anche non ricordare tutto quello che ha letto su di me, e che sia una mia “occasione” eventualmente approfondire a voce quello che ho, di fatto, già scritto, però – per dindirindina – se mi chiedi di descrivere la mia esperienza da “analista di bilancio” e io faccio comunicazione da 20 anni solo perchè sul mio CV hai letto “strategic planner” .., beh, ecco, magari una sbirciatina prima di farmi entrare la potevi anche ridare. I colloqui si preparano, direi.
    4. poi ci sono i recruiter “faccio tutto io”: parla inglese? sì certo. Bene? Molto bene direi, l’ho studiato fin da bambina, sono laureata in lingue ho studiato e lavorato all’estero. Davvero lo parla così bene? Sì (te l’ho appena detto). E improvvisamente gli occhi si illuminano con una specie di luce della sfida: “very gud. so I tink we can continue the speech in english, what do you tink?” (I think you need a better teacher) – mi successe anche in spagnolo, ma in quel frangente prima di tutto si scusò dicendo che in genere i colloqui in lingua li faceva una sua collega e alla fine ammise che lo parlavo meglio io di lei e ci siamo fatte una bella risata insieme.
    5. E anche io ho la mia preferita, anzi la mia serie preferita: è sposata? ha figli? ma perchè vive in una città e lavora in un’altra? Suo marito che lavoro fa? (eeeeeeehhhhh?) Ora non più (per questioni anagrafiche, immagino) ma in passato c’era anche : “i suoi genitori che mestiere fanno?” – e, per chiudere in bellezza, una delle mie super preferite: “mi dica 3 pregi e 3 difetti che la descrivono” (ossssignore)

    Tutto questo per dire che: c’è chi le cose le fa con professionalità ed attenzione (e passione, come scrivi nella tua descrizione) e chi no. Da tutte e due le parti. Nel vostro settore, specie negli ultimi anni, c’è molta improvvisazione, poca formazione tra i giovani, spesso letteralmente buttati allo sbaraglio (i 3 pregi e i 3 difetti me li chiese un ragazzino che avrà avuto sì e no 25 anni mentre mi selezionava per fare il direttore della comunicazione per una multinazionale …. forse li avevano chiesti a lui prima di prenderlo nella nota società di selezione e avrà pensato che fosse un bel jolly da giocarsi)

    E scusate le lungaggini 🙂

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    • robertazantedeschi

      Eccezionale Lorenza, sono con te quasi al 100% ma soprattutto grazie per come hai scritto, farei copia-incolla e userei il tuo punto di vista per farne un post. Sul punto 1 posso dirti che statisticamente sono in maggioranza i candidati che chiedono un colloquio anche conoscitivo rispetto ai recruiters che vogliono fare colloqui conoscitivi. A volte fatichiamo per spiegare che non possiamo permetterci di incontrare tutti. D’altro canto quando si viene contattati per un colloquio si ha tutta la libertà di chiederne il motivo: c’è una selezione? è quella per cui mi sono candidata? è per raccogliere dati? e quindi valutare di conseguenza. N. 2: chiamateci! spaccateci gli zebedei, chiedeteci un riscontro. Nella maggioranza dei casi il candidato ha i riferimenti telefonici e mail del recruiter, vanno usati. Soprattutto se contate che i recruiters gestiscono contemporaneamente decine di persone e i candidati partecipano al massimo a 3 o 4 selezioni in contemporanea. (però ok, sono d’accordo con te che in linea di massima un feedback andrebbe concordato). N. 3, 4 e 5 fanno rabbrividire anche me. Solidarietà piena. 🙂 Grazie ancora per il tuo commento, mi ha fatto molto piacere.

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  3. alessandro mancini

    Articolo stimolante. Se lo fate (voi recruiters) diverso è meglio:
    1. Assenza di Feedback. E’ il primo elemento di valutazione da parte di un candidato. Soprattutto quando si hanno rapporti con professionisti (i selezionatori inseriti in strutture datoriali possono utilizzare la scusante della politica aziendale) il candidato si attende di istaurare un rapporto fiduciario. Il feedback, anche non strutturato, è vitale per il miglioramento del candidato e per guidarlo nelle scelte future, tra cui anche quella del selezionatore a cui affidarsi.
    2. Fare numero. Una volta ho avuto la viva sensazione di essere stato chiamato per fare numero, per completare la rosa di candidati. In quell’occasione il selezionatore ha avuto l’accortezza di non farmi spostare fisicamente dicendomi che ero stato scartato in fase pre-selettiva. La notizia non mi ha sorpreso perché il mio profilo era poco in linea con il candidato “ideale” ma sul selezionatore ho messo un segno meno.
    3. Analisi superficiale del CV. Fare un colloquio è sempre una grande opportunità e ringrazio sempre chi mi concede tale occasione. Affrontare un colloquio con il referente datoriale e scoprire la presenza di gap incolmabili (Es. esperienza in ambito internazionale) non dichiarati nei requisiti, tuttavia, pur produrre almeno due effetti negati: incrinare la fiducia in se stessi, condizionare il rapporto futuro con il selezionatore.

    Queste le riflessioni che di getto mi sento di condividere.
    E’ necessaria una specifica; il mio personale rapporto con il mondo dei selezionatori /cacciatori di teste è molto molto positivo. Ho incontrato persone squisite e professionisti con competenze di altissimo livello, sia umane che tecniche.
    Questo settore non è omogeneo…e qui si aprirebbe il dibattito sulla convenienza dei rapporti low cost e delle politiche di investimento sul settore ricerca e selezione….

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    • robertazantedeschi

      Ciao Alessandro, perdonami il ritardo di risposta. Grazie per la condivisione innanzitutto, raccolgo le provocazioni come spinta a migliorarmi sempre di più. Come dici tu il settore non è omogeneo, anch’io di fatto incontro professionisti impeccabili, CV redatti bene (benissimo pochi haimè), persone con quella giusta dose di consapevolezza da saper parlare di sé evitando le ovvietà, ecc… A volte però mi rendo conto che alcune cose semplicemente non sono conosciute e quindi ho pensato di raccontarle. Anche perchè i candidati (e qui generalizzo, non me ne volere), hanno un obiettivo: trovare o cambiare lavoro. Quindi a prescindere dal recruiter che si troveranno davanti, è importante che siano il più pronti possibile. A presto 🙂

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  4. pgiacome

    Per me la cosa più fastidiosa dei vari recruiters è che non abbiano il coraggio di dirti perché non sei stato scelto. Giovani ho le spalle larghe… Non è la prima porta che mi viene chiusa. Ma se non mi dite perché non sono stato scelto non ho possibilità di migliorarmi magari semplicemente ritarando la mia ricerca per focalizzarmi su posizioni più consone.
    Basterebbe poco. Anche solo aver il coraggio di dire:
    “guarda il cliente era entusiasta ma poi quando ha visto le tue aspettative economiche ha preferito uno che costa meno”.
    E’ il mercato bellezza non c’è problema.
    Come persona che ha avuto a che fare con diversi recruiters, ho notato questo come caratteristica comune.
    Altra cosa comune e che mi infastidisce non poco soprattutto quando stai valutando contemporaneamente più possbilità è che devi richiamare tu per avere un feedback la famosa frase “le faremo sapere raramente ha un seguito in caso di colloquio negativo”. Come sempre ci sono le eccezioni ma in questo caso sono veramente rare.

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    • robertazantedeschi

      Ciao. Dici delle verità. A volte, lo ammetto, non è facile spiegare ai candidati perchè sono stati esclusi, è la parte del mio lavoro che amo meno. Quando è una questione di budget è più facile, quando invece si tratta di altre questioni, magari un mancato feeling con l’imprenditore, allora è più difficile. A prescindere dal motivo secondo me la cosa che dovrebbe interessare di più un candidato è se sono emersi durante la selezione elementi critici nel suo modo di porsi o di proporsi. Questo gli sarà utile per il futuro molto più che sapere perchè hanno scelto un altro candidato. (non sempre le due cose coincidono)
      Sulla questione del feedback invece sono d’accordo solo in parte: è buona educazione avvisarvi, hai ragione. D’altronde siamo due parti interessate nel processo, noi recruiters abbiamo attive più selezioni e gestiamo contemporaneamente decine di candidati. Voi candidati al massimo siete coinvolti in 3-4 selezioni contemporaneamente, corretto? Non capisco la difficoltà di fare una telefonata o mandare una mail per avere informazioni rispetto a una cosa che vi sta a cuore. Io lascio tutti i miei riferimenti, sempre. Se gli altri non lo fanno chiedeteli, è un vostro diritto. A presto e grazie per il tuo commento 🙂

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  5. Marta

    Ero alla ricerca di questo articolo che avevo già letto e che avevo bisogno di ripassare per chiarirmi le idee, e rispolvero un vecchio dubbio che ogni tanto torna a riproporsi in merito alla perdita di tempo di cui parli: posto che i dettagli di un lavoro, l’offerta economica e molto altro si scoprono solo dopo il colloquio (in particolare quando vieni contattato senza aver inviato una candidatura), come si può rifiutare un’offerta ricevuta senza dover snocciolare tutte le ragioni che ci portano a farlo? Quando non è una mera questione economica e si tratta di paure non solo pratiche -distanza, compiti nuovi o diversi, impegno giornaliero, ecc- ma anche personali -famiglia, tempo libero, passioni, feeling-?
    Si può dire di no senza dover addurre giustificazioni o sembrare ingrati o maleducati, o uno di quelli che son venuti “solo per vedere cosa c’è in giro”?

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    • robertazantedeschi

      Ciao Marta, bella la tua riflessione.
      Hai in qualche modo anticipato un tema che mi sta molto a cuore: in qualsiasi selezione ci sono 2 soggetti che valutano e scelgono, l’azienda da una parte e il candidato dall’altra. Si dà spesso per scontato invece che a decidere sia solo l’azienda. E invece no.
      Parlando del candidato però le riflessioni che farei sono queste:
      – quanti passaggi/colloqui ci sono stati nella selezione prima del tuo eventuale rifiuto? serviva arrivare all’offerta per decidere che non era la cosa giusta per te? Se invece lo avevi già capito meglio dirlo il prima possibile, anche da subito se serve (“non sono interessato a cambiare lavoro in questo momento” non offende nessuno e non ti costringe a entrare in dettagli personali).
      – se invece sei arrivata a rifiutare dopo un lungo percorso fatto di più incontri è legittimo che ti si chieda un perchè, magari lo farà il recruiter più che l’azienda ed è un’informazione utile per il futuro, per offrirti qualcosa di più adatto e rispondente alle tue esigenze.
      Questa secondo me è l’indicazione di massima e non richiede che tu sveli troppi aspetti personali.
      Ogni caso poi è a sé. Io consiglio sempre di considerare un eventuale intermediario come il proprio avvocato (se si intuisce che la persona è seria e preparata) e quindi di anticipargli sempre tutte le possibilità perplessità. Più che altro per non perdere tempo: tu, lui e l’azienda.
      Quanto motivare? dipende da quanto ti interessa che il concetto venga capito per ricevere proposte più mirate in futuro. Come recruiter più ti conosco e più riesco a capire cosa potrà interessarti. 🙂
      Spero di essermi spiegata bene e di esserti stata utile. ciao

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      • Marta

        Ovviamente hai centrato il punto, infatti mi sono interrogata due giorni prima di riuscire ad articolare qualcosa che assomigliasse a una risposta… A volte si va avanti nella selezione perché si ha paura che mettendo le cose in chiaro fin da subito si rischi di perdersi una di quelle famigerate “offerte che non puoi rifiutare” (in particolare quando vorremmo un salvagente e una nuova opportunità di lavoro sembra darci nuova speranza); forse, invece, se non ci sentiamo convinti fin da subito è effettivamente meglio rinunciare per non trovarsi nella spiacevole situazione di doversi giustificare poi. Non so se mi sono capita, o spiegata (fatto sta che l’offerta in questione l’ho rifiutata e non so ancora se ho fatto bene!), però grazie per la tua opinione! 🙂

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