Perché le parole potrebbero cambiare il tuo lavoro.

27 Dic 2019 | #VitaDaRecruiter, Mondo del lavoro, scrittura, Soft Skills | 0 commenti

Come smettere di aspettare la congiunzione astrale del perfetto 2020 e i miei regali per iniziare… ora!

È immancabile, irrinunciabile, inevitabile!
È lui, il post di fine anno.
E chi sono io per staccarmi dalla massa di persone che ti riempie di buoni consigli, propositi sberluccicanti e commoventi auguri?
Nessuno appunto, quindi mi allineo e lo scrivo.
Cercando di essere veloce e indolore ma portando anch’io un po’ di doni, per poi lasciare spazio a chi ha cose più appropriate da dirti ma soprattutto a chi ha baci da darti, abbracci da regalarti e vino da offrirti.

Partiamo dal fondo: buon Capodanno, e anche buona codadanno, e pure il mezzodanno che sia buono.
Però chiariamoci: il 2020 sarà un anno come un altro. Checché ne dicano gli oroscopi e le previsioni astrali, io aspetto l’anno dei pesci da parecchio e ancora non si vede.
O forse la soluzione sarebbe cambiare punto di vista e smettere di aspettare.
Esattamente da… ora!
Ecco, forse è proprio tempo di cambiare punto di vista e dismettere le aspettative (che non significa abbandonare le ambizioni).
Un punto di vista diverso parte dal dire grazie, parolina magica che imponiamo ai bambini e poi ci dimentichiamo di usare nei confronti di quello che la vita ci porta, troppo concentrati a sottolinearne le sfighe che, te lo dico, ci saranno sempre, anche se le mandi a cagare e ti sfoghi su LinkedIn, a questo punto… prova a fare diverso.

Al mio 2019 dico grazie soprattutto per due cose:

  • una sono le persone, persone conosciute, persone che mi hanno consolata, persone che mi hanno insegnato, persone che mi hanno ferita, persone che mi hanno ascoltata, persone che mi hanno spronata, persone che hanno usato carta vetrata intrisa di sentimento, persone che mi hanno detto di no!
  • la seconda è il focus professionale e la presa di consapevolezza su quello che voglio fare: lavorare con le aziende e per le persone, per lasciare il mondo del lavoro un po’ migliore di come l’ho trovato (cit.). E questo significa lavorare affinché cresca in consapevolezza, attenzioni e cultura della persona. Ma anche in strumenti.
    Nella mia cassetta degli attrezzi un posto speciale è dedicato alle parole e alla comunicazione scritta come veicolo di cambiamento, cultura, benessere e professionalità. La scrittura funzionale e di stecca, come la chiama Annamaria Anelli che già si occupa di questi temi con una competenza a cui io aspiro. Niente a che fare con la letteratura bensì con le persone, con le aziende e con la crescita del business (che non vivo sulle nuvole e si sa, l’obiettivo è fatturare).

PERCHÈ LE PAROLE?

Scegliere le parole diventa importantissimo quando capisci che ciò che scrivi, anche una semplice mail, un CV, un’informativa, un’inserzione, la risposta a un reclamo può generare emozioni positive, sviluppare relazioni e stimolare un’azione che ha il gusto di cambiamento.

Scegliere le parole, usare le parole, dire le parole, condividere le parole e prendersi cura delle relazioni e delle persone, con uno dei più basilari strumenti che abbiamo a disposizione insieme all’ascolto: il linguaggio. Ed è pure gratis.
Le parole per arrivare, andare verso e trovare un’espressione comunicabile: le parole per trovarsi, le parole per costruire, ma insieme.

Dal libro di Severgnini – L’italiano, lezioni semiserie

Se ti fermi un momento e pensi a cosa puoi fare con le parole ti accorgi che scrivere è un super potere, così come lo è il respiro, il problema è che tu oggi scrivi un po’ come respiri: senza farci caso!
E invece hai in mano una cosa che può cambiare te, come stai, come percepisci ciò che ti accade, come stanno le persone che lavorano con o per te, come si esprime la tua azienda, come si relaziona alle persone (che siano clienti, fornitori, partner, investitori…), come ti percepiscono gli altri.
Possono essere contenuti, storie, campagne pubblicitarie o semplici comunicazioni di servizio ma le parole che usi esprimono la tua impronta professionale, quella della tua azienda o dell’azienda che rappresenti.
Ecco perché le parole e il linguaggio: perché rappresentano l’essenza della comunicazione, il mattone delle relazioni e il biglietto da visita più immediato della nostra e della tua professionalità.

Ti porto in dono

E quindi ecco anche i miei regali: doni per chi ha voglia di farsi un po’ il culo per contribuire al cambiamento e che non piaceranno invece, a chi attende che il cambiamento lo porti Babbo Natale o, a questo punto delle feste, la Befana.

Puoi scegliere, se leggere o ascoltare, o puoi fare entrambe le cose ma soprattutto puoi decidere, da adesso, di cambiare qualcosa, basta un 1% delle parole che usi ogni giorno, un 1% della (non) attenzione che metti ogni giorno quando scrivi, un 1% in meno degli automatismi che segui per fare meno fatica, perché lo sai: scegliere le parole e scrivere chiaro è molto più complicato (alla faccia di chi dice che la scrittura semplice svilisce la lingua).

REGALO UNO

Ti regalo parole, quelle di chi ha contribuito a questo mio percorso e che ti faranno capire quanto cambierà in meglio il tuo lavoro attingendo a ciò che, speriamo, l’AI (intelligenza artificiale) ancora non ha: l’umanità.
Annamaria Anelli non è solo una business writer, Annamaria è una donna che lotta e che si schiera attraverso le parole per amore delle persone e del loro lavoro, che se ne prende cura con forza e garbo e che ovunque insegni porta il cambiamento come dicembre porta i panettoni e le calorie.
La puoi leggere in questo profondo articolo che parla del prendersi cura attraverso le parole,
la puoi ascoltare in questa intervista sulla comunicazione del colloquio di lavoro ma non solo,
puoi sentire il suo podcast su Storytel per imparare a trovare le parole più vere per comunicarti in ambito professionale.

REGALO DUE

Ecco due foto dal libro di Severgnini “L’italiano, lezioni Semiserie” che valgono più di qualsiasi altro discorso, qui c’è la concretezza che puoi adottare da… ora!

HR: TOCCA A NOI

Chiudo con un appello: come HR credo sia proprio la “funzione del personale” a dover muovere i primi passi di un cambiamento di cultura e di azioni traendo forza da un mutamento delle relazioni e dei rapporti che, senza sovvertire le gerarchie, devono trovare un nuovo equilibrio fatto di rispetto, riconoscimento, chiarezza, vicinanza, condivisione e crescita.
Di umanità sentita, non solo dichiarata, di inclusione voluta, non solo pubblicizzata.
E chiudo con questo articolo ben scritto di Osvaldo Danzi, un bonus proprio per chi si occupa di HR e di recruiting: la prima cosa concreta che possiamo fare con le parole è iniziare a dare risposte, da… ora!

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