Curriculese vs semplicità: i CV che funzionano secondo l’esperto

8 Feb 2017 | CV | 0 commenti

Qualche giorno fa ho partecipato in streaming a PLAY COPY un evento sul copywriting, in streaming.

Si parlava di scrittura e si è trattato anche del CV.
Lo ha fatto benissimo Leonardo Luccone* affermando innanzitutto che il curriculese (e ormai dobbiamo accettare che esiste questa nuova forma linguistica) è una delle più rappresentative espressioni dell’antilingua Calviniana. La usiamo con più o meno consapevolezza per uniformarci, difenderci, venderci e un po’ anche per nasconderci nonostante lo scopo del CV sia l’esatto opposto.
Calvino parla di antilingua in questo famoso scritto di cui vi riporto un passo fondamentale:

La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l’odio per se stessi. La lingua invece vive solo d’un rapporto con la vita che diventa comunicazione, d’una pienezza esistenziale che diventa espressione. Perciò dove trionfa l’antilingua – l’italiano di chi non sa dire ho «fatto», ma deve dire «ho effettuato» – la lingua viene uccisa.

Quanta antilingua c’è nei nostri CV?
Io ne incrocio molta ogni giorno. Probabilmente non ne sono esente, non mi voglio assolvere solo perchè sono aldilà del tavolo.

L’antilingua è, per Luccone, quella forma di scrittura che rende i curricula:
didascalici,
vaghi,
frammentari,
edulcorati,
ridondanti,
retorici,
complicati,
artificiali,
uniformati.

Questo è il pericolo che si corre quando si compila un CV.
Già dire COMPILARE anzichè SCRIVERE fa intendere un’azione meccanica e standardizzata che poco ha di personale/izzato.
E non serve un esperto di scrittura o di comunicazione per valutare quanti degli aggettivi elencati qui sopra possono applicarsi al proprio CV, ognuno può fare un auto-esame in modo abbastanza obiettivo se si impegna.

Luccone ribadisce quindi un concetto fondamentale: l’originalità di un curriculum non passa dalla quantità di grafica, animazione, glitter con cui si farcisce e si abbellisce il documento. L’originalità (e l’efficacia) passa attraverso un buon uso delle parole e delle frasi, passa attraverso l’intenzione di dire qualcosa e non di fare un patchwork più o meno colorato di competenze, conoscenze, esperienze, desideri.
E ancora più a monte, aggiungo io, un buon CV inizia da una buona consapevolezza di sè.
Se a questo aggiungete anche un’attenzione a chi leggerà il CV, al destinatario, allora sarà più facile fare bingo.

COSA SUGGERISCE L’ESPERTO?

Luccone suggerisce di SFOLTIRE il proprio profilo. E sfoltire non significa creare un elenco cronologico di ruoli e passaggi aziendali che poco o nulla dicono di chi scrive, sfoltire significa semplificare eliminando la ridondanza e trovando un proprio tono di voce.
La semplicità è elegante, dice Luccone ed è un punto di arrivo (significa anche che non è facile ma che lì bisogna puntare!).
Semplice vuol dire accessibile a tutti e chiaro, significa frasi corte e dirette, significa abolire qualsiasi arzigogolatura per lasciare spazio a contenuti che spiegano chi siamo, cosa sappiamo fare, cosa ci interessa e cosa possiamo mettere a disposizione di chi dovrebbe valutare la nostra collaborazione.

L’intervento di Luccone ha raccolto grande consenso, qui sotto potete vedere alcuni tweet di persone che, come me, hanno trovato utile il suo speech e si sono unite in una grande ola.

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*nota biografica: Leonardo G. Luccone ha tradotto e curato diversi volumi di scrittori angloamericani tra cui John Cheever, Alexander Trocchi, F. Scott Fitzgerald, Sarah Shun-lien Bynum e Esther Freud. Ha ideato e curato le collane Greenwich e Gog per l’editore Nutrimenti. Dirige lo studio editoriale e agenzia letteraria Oblique. Da settembre 2012 a ottobre 2014 è stato direttore editoriale della casa editrice 66thand2nd. I suoi articoli e le sue traduzioni sono stati pubblicati sul /Corriere della Sera/, /Il Foglio/, /Satisfiction/, /Il Calendario del Popolo/.

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