La maternità non è un bollino di qualità

3 Lug 2018 | Mondo del lavoro, Riflessioni sul lavoro | 0 commenti

DONNA LAVORATRICE E MAMMA: argomento delicato rispetto al quale qualsiasi cosa si dica è opinabile e attaccabile.

Già parlare di donne e lavoro significa aprire un vaso di Pandora tra opinioni, credenze, convinzioni, pregiudizi e via dicendo.
Io non sono mai stata femminista ma posso affermarlo con la certezza che viene dal lavoro che faccio: essere femmine rispetto al lavoro -anzi, alla carriera- è, nella maggior parte dei casi, uno svantaggio e una questione di compromessi personali.
Compromessi che l’uomo spesso non è costretto a fare. Punto.
Questo non esclude i casi di successo -e tanti cuoricini allegati- ma sono casi di cui si parla proprio perché escono dal funzionamento -haimè- normale delle cose.

Detto questo, so per certo che addentrarsi nel tema della maternità collegata al lavoro è come decidere di saltare sopra un nido di scorpioni, e io salto.
Lo faccio con la cognizione di causa che ti danno due figli maschi e un lavoro al quale vorrei dare più di quello che riesco.

L’assunto è il seguente: essere mamma è un ruolo ma non è un lavoro!

Certo, ti insegna tante cose e ti fa crescere: ti cambia, ti trasforma, a tratti ti sconvolge al punto tale che tiri fuori risorse e capacità che non pensavi di avere e ti senti una figa, ma spesso esce anche il peggio di te, tipo quando vorresti darli indietro e chiedere il rimborso, tipo quando non reggi e ti senti completamente inadeguata, tipo quando li guardi e pensi “hanno preso tutto dal padre, cazzo!”.

La maternità all’inizio ti shakera i neuroni e sbatte sul tagadà tutti i tuoi ormoni.
Ti sfianca e ti priva del riposo così come ti innalza al ruolo di dea, ma sei pur sempre una dea con le smagliature, la pancia rilassata e le occhiaie!
La maternità è vero, ti costringe a rivedere le priorità, o forse ti insegna a definirle davvero e ti obbliga a considerare i bisogni dei pargoli prima (non sempre per fortuna) dei tuoi, ma non è altruismo e non è nemmeno team working, è un istinto naturale che solo i figli sanno accendere.

La maternità abbinata al lavoro ti costringe a organizzarti, ti impone scelte e quindi sì, potenzialmente impari a decidere senza tergiversare ma il tetris degli impegni non è una competenza da project manager, è sopravvivenza.
E resta il fatto che se sei una donna ansiosa il diventare mamma non ti trasforma in una manager coraggiosa, e se sei una donna nervosa (parlo per esperienza personale) non dormire di notte e gestire i capricci dei bambini non ti rende più paziente e tollerante sul lavoro.

Quello che la maternità ti insegna è a fare la mamma. Punto.

Con le difficoltà e le incertezze del caso, peraltro.
Essere mamma ti insegna a conciliare le cose, ti insegna l’amore assoluto e incondizionato, ti fa capire cosa significa “per sempre” (che non ha niente a che fare con alcuna promessa di matrimonio), ti fa sperimentare la paura vera e la gioia più pura. Ti denuda da una parte e ti mette l’armatura dall’altra.
Ma è funzionale a fare la mamma. Punto.

La maternità non ti rende per forza una professionista più capace o più ricca di soft skill: può farlo, oppure no. Dipende sempre dalla persona, da come sa capitalizzare e trasferire nel lavoro ciò che impara da esperienze personali (non solo dalla maternità).
Citare la maternità nel CV come esperienza professionale mi sembra inadeguato, anche se il messaggio che si vuole dare è positivo.*

E poi trovo triste che noi donne ci discriminiamo da sole: chi non ha figli non è forse in grado di organizzarsi? di decidere, di definire priorità? di farsi un culo a capanna per gli altri?
No! semplicemente non sa cambiare un pannolino pieno di cacca (forse), o non sa che il cous cous sputato per terra da un bimbo che sta imparando a mangiare è difficile da spazzare, o ignora quanto sia snervante raccontare ogni sera la stessa storia di Peppa Pig perché i bambini sono terribilmente abitudinari.

E viceversa: non è detto che chi non ha figli sia più dedita al lavoro solo perché ha più tempo.

Insomma, sulle donne, il lavoro e la maternità/non maternità abbondano i luoghi comuni e scarseggiano le verità assolute.
Esistono invece le donne, ognuna con la propria storia, esperienza, motivazione, ambizione, formazione, attitudine, ricchezza, ecc…
La maternità afferisce alla sfera personale e non è un bollino di qualità, come non lo è il fatto di dedicarsi unicamente alla carriera (che poi, per alcune donne non è manco una scelta).
Punto.

*È ancora peggio discriminare le donne sul lavoro perché potrebbero fare dei figli, questo mi sembra scontato ma lo voglio ribadire a voce alta.

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